La clausola che esonera il costruttore dal sostenimento delle spese condominiali è legittima?


Non è raro che in un regolamento contrattuale si legga che il costruttore è esonerato totalmente dal partecipare a qualsiasi spesa condominiale, per la quota riguardante eventuali unità immobiliari rimaste invendute.

Ai sensi della giurisprudenza condominiale, va effettivamente ammesso che la normativa che regola la ripartizione delle spese, ossia l’art. 1123 del Codice Civile, è a tutti gli effetti derogabile tramite diversa convenzione approvata all’unanimità, come avviene all’interno di un regolamento di condominio contrattuale.
Tale regolamento può applicare tabelle millesimali contrattuali in deroga al criterio della proporzionalità, così come dei criteri di ripartizione in antitesi con le norme codicistiche.
Inoltre, l’unica parte
dell’art. 1118 del Codice Civile espressa come inderogabile è quella del II comma, pertanto va inteso come derogabile il III comma, che prescrive che il singolo condòmino non possa esimersi dal sostenimento delle spese atte alla conservazione dei beni comuni.
Tra l'altro, a onor del vero, tale articolo si riferisce a una mancata contribuzione volontaria, non ad una esclusione dovuta ad accordi convenzionali.

Pertanto, è sicuramente possibile escludere un determinato condòmino dal sostenimento di alcune spese.

Ma, la fattispecie in questione, va applicata secondo determinati criteri.
Ad esempio: un regolamento contrattuale può prescrivere, quale criterio di ripartizione convenzionale, l'esonero alla contribuzione alle spese di pulizia delle scale per i proprietari degli appartamenti siti al piano terreno e aventi entrate autonome.
Quest'ultimi, potrebbero essere in possesso delle chiavi d'accesso al vano scale interno e potrebbero usufruire delle scale per raggiungere, ad esempio, il lastrico di copertura. Pertanto, secondo il principio dell'uso potenziale, dovrebbero partecipare alle spese, seppur in minima parte.

In tal caso non si presentano particolari problemi di sorta e la convezione appare pienamente legittima:

1) c'è una motivazione di fondo nell'esclusione alla contribuzione, dovuta a un utilizzo potenzialmente minore del bene. Non vi è alcun tentativo arbitrario di favorire un determinato partecipante al condominio rispetto agli altri.
Paradossalmente, infatti, se un condòmino ricevesse
involontariamente dal regolamento il miracolo di essere escluso dalle spese condominiali, tale presupposto sarebbe ammissibile;

2) i condòmini in questione sono esonerati soltanto dalla spesa specifica, non indistintamente da tutte.
Ottengono un lieve vantaggio, ma non caricano in maniera eccessiva di aggravi di spese gli altri condòmini (per quanto, ripetiamo, anche un’esclusione totale involontaria sarebbe ammissibile).

Nel caso specifico del costruttore escluso dal sostenimento delle spese condominiali, tale convenzione può essere eccepita basandosi su presupposti non direttamente afferenti alla sfera condominiale.

In passato, costante giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cass. sez. II., 25.3 2004. n. 5975; sez. II, 16.12.1988 n. 6844: sez. II, 23.12.1988 n. 7039riteneva che tale clausola di esonero poteva considerarsi legittima “se tale accordo era previsto dal regolamento contrattuale o da tutti i titoli di compravendita, ma che “non può avere una durata superiore ai primi due anni finanziari del condominio, a decorrere dalla data del primo atto di compravendita. Infatti, in caso di durata illimitata dell’esonero, questa pattuizione deve ritenersi vessatoria per il consumatore/acquirente e quindi bisognevole della c.d. seconda firma ai sensi degli art. 1341 e 1342 cod. civ. per espressa accettazione”.

Con sentenza n. 19832 del 23.7.2019 la Corte di Cassazione aveva, invece, statuito che la clausola di regolamento che esonera un condomino dalle spese non è vessatoria purché non sia a favore dello stesso costruttore-venditore.
Tale sentenza parrebbe in piena conformità con quanto sostenuto poco sopra: legittimo, in materia condominiale, escludere un determinato condòmino dal sostenere le spese condominiali, ma attenzione quando l’escluso è il costruttore.

Successivamente, la sentenza n. 2786 del 16.02.2021 del Tribunale di Roma ha stabilito che non è ammissibile l’esonero dal pagamento delle spese condominiali a favore di uno dei condòmini quando questo non poggia su una reale ragione economica, bensì sul mero vantaggio economico soggettivo perseguito dalla società costruttrice, che, di riflesso, comporta un ingiustificato aggravio di spese per gli altri condòmini.
Nello specifico, tali clausole sono d’attenzionare quando non hanno un limite di durata, o quando il suddetto limite è individuato nel completamento di tutte le vendite da parte del costruttore.

Da ultimo, in materia, è intervenuta l’ordinanza n. 2000 del 21/06/22 della Corte di Cassazione.
Con tale provvedimento, la Corte ha statuito che deve ritenersi vessatoria e, pertanto, nulla, la clausola del regolamento contrattuale, predisposto dal costruttore, che esonera dal pagamento delle spese condominiali quest’ultimo, relativamente agli appartamenti invenduti, senza un limite temporale, esonerandolo totalmente e senza che l’importo di cui si faccia carico il compratore sia specificato nel contratto di compravendita.
I giudici di legittimità hanno riconosciuto la violazione dell’art. 33 del Codice del Consumo, perché “la clausola provoca un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti, ai sensi degli articoli 1476 e 1498 Codice civile, dal contratto di compravendita concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente”.
La clausola di esonero non sarà considerata vessatoria solo qualora il costruttore fornisca la prova che la stessa abbia formato oggetto di specifica trattativa con il condomino-acquirente-consumatore. 
Inoltre, quest’ultimo deve aver ricevuto in cambio un pari vantaggio patrimoniale a seguito dell’accollo delle spese condominiali di spettanza del costruttore per le unità non vendute.

Pare evidente come la sentenza non prenda a riferimento gli articoli 1118 e 1123 del Codice Civile in tema condominiale, quanto il Codice del Consumo, richiamato in virtù dell’atto di compravendita che è stato firmato tra costruttore e nuovo proprietario.
Pertanto, per rilevare la nullità di tale clausola, è necessario che ad agire sia il singolo in qualità di consumatore e non di condòmino, impugnando l’art.33, comma 1, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
L’amministratore di condominio poco potrà fare, se non ripartire le spese in virtù del regolamento.

Attenzione: questo solo se la clausola ha durata illimitata. In altri casi, l’impugnazione diventa più complicata.

Inoltre, i costruttori hanno trovato il modo per aggirare la Sentenza: oltre a prevedere sempre un limite temporale dell’esonero alla contribuzione, hanno cominciato ad inserire la clausola solo all’interno dei rogiti, senza richiamarla nel regolamento condominiale.

In questo modo, l’amministratore di condominio applica il regolamento, ove l’esonero non è richiamato, andando a suddividere le spese per 1000 millesimi.
A tal punto, il costruttore non eccepisce più la mancata applicazione della norma del regolamento di condominio che lo escluderebbe dalla contribuzione e, pertanto, non vengono più promosse cause d’impugnazione delle delibere assembleari, che in passato potevano portare a cause dall’esito sfavorevole.

Inserendo la clausola solo nei rogiti, ad oggi i costruttori hanno la possibilità di agire in separata sede, richiamando legalmente al singolo condòmino l’accordo firmato e richiedendo un risarcimento di quanto già anticipato al condominio sulla base delle ripartizioni approvate.
A tal punto, poco potrà eccepire il singolo, a maggior ragione vista l'assenza di un limite temporale nella clausola.