Il condominio parziale e il criterio convenzionale della ripartizione in parti uguali
Non esistono spese
condominiali ripartibili in parti uguali, anche se è usanza comune ripartire
egualmente fra tutti i condomini le spese per l’impianto citofonico o per le
antenne centralizzate.
L'unica ripartizione in parti uguali ammissibile è frutto di una convenzione approvata all'unanimità.
E, con ''unanimità'', s'intende sempre la totalità dei partecipanti al condominio, perciò 1000 millesimi calcolati sulla Tabella di proprietà.
Nonostante la prassi, una delibera assembleare che prevede la ripartizione di
spese in parti uguali non approvata all’unanimità è addirittura affetta da nullità, poiché derogante rispetto a
quanto prescritto dal Codice Civile all’art. 1123.
Cosa accade se si vuole derogare a un criterio di ripartizione applicato a un bene
in condominio parziale?
In caso di criterio convenzionale: per derogare a
un criterio di ripartizione convenzionale
- anche se legato a un bene in condominio
parziale - è necessario modificare il regolamento condominiale,
cosa possibile solo con l'unanimità
dei partecipanti al condominio generale, per cui la totalità dei millesimi dovrà rispecchiare
quella dell'intero edificio.
Stesso dicasi
in caso di modifica di un criterio
legale e, quindi, del Codice Civile:
anche tale operazione, pena la nullità, sarebbe possibile solo con 1000 millesimi, calcolati come indicato
sopra.
Pertanto, le
delibere intraprese in tal senso dai comproprietari di un bene suscettibile di
utilizzo separato, vanno considerate pienamente nulle, poiché quest’ultimi stanno tentando di modificare un criterio di ripartizione senza avere l’unanimità.
La sentenza di Cassazione
n. 19651/2017 recita:
è nulla
la delibera a maggioranza ed in deroga al criterio legale del consumo
effettivamente registrato o del valore millesimale delle singole unità immobiliari servite, che ripartisca in parti uguali tra queste ultime le spese di esercizio
dell’impianto di riscaldamento centralizzato è, indipendentemente dal
precedente criterio di riparto adottato nel condominio, nulla per impossibilità
dell’oggetto, giacché tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi
dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le
attribuzioni dell’assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione,
l’accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia
negoziale.
La nullità
espone quest’ultimi a vari rischi:
- l’impugnazione di vecchie delibere
da parte di nuovi aventi causa da precedenti proprietari, poiché, nel caso
specifico, tali delibere potrebbero avere un’implicazione sulla sfera giuridica
attuale dei nuovi condòmini;
- l’impugnazione di vecchie delibere
da parte di un condòmini precedentemente connivente, che per un qualunque
motivo decida di ‘’tradire’’ gli altri comproprietari.
La soluzione
alla problematica è fare in modo che la delibera possa essere considerata
solamente annullabile.
Occorrerà far passare la ripartizione
con un criterio in deroga a quello convenzionale o legale come un mero errore
di calcolo sul piano di ripartizione spese approvato, oppure come criterio applicato erroneamente una tantum.
Ovviamente, nel verbale non
dovranno emergere dettagli a favore di un ponderato cambiamento del criterio,
anche in ottica futura. E, soprattutto, tale ripartizione non andrà ripetuta nel tempo, ma potrà essere messa in atto solo
per un esercizio, proprio per non destare sospetti di volontarietà.
Decorsi i
famosi 30 giorni, il vizio impugnabile sarà sanato. Inoltre, è bislacco
aspettarsi che un condòmino non interessato dalla ripartizione - ossia esterno
al condominio parziale - vada ad impugnare una deliberazione che non lo
riguardi.