Ponteggio in proprietà privata

 

Qualora il condominio, per il montaggio dei ponteggi necessari ad eseguire dei lavori di ristrutturazione dell’edificio, debba richiedere accesso ad un’area privata, la Giurisprudenza di riferimento è rappresentata dall’art. 843 del Codice Civile e da relative sentenze interpretative.

Nello specifico, la Sentenza del Tribunale di Sassari n. 1154 del 16/11/2022 ha affrontato proprio il tema del ponteggio in proprietà privata e ha analizzato quanto disposto dal Codice Civile, chiarendo che, se sulle parti comuni del fabbricato condominiale debbano essere effettuati dei lavori, i condòmini devono mettere a disposizione dell’impresa appaltatrice le parti di proprietà esclusiva, come cortili e/o giardini, per permettere l’installazione dei ponteggi.

Il proprietario della proprietà privata interessata dall’installazione può opporsi alla stessa solo ove quest’ultima non sia effettivamente necessaria.
Con tale affermazione, non s’intende una disquisizione tecnica riguardo alla necessità di eseguire o meno i lavori (ad esempio, non si possono avanzare rimostranze se si sta intervenendo per motivi di sicurezza), bensì quanto citato si andrà a legare ad una questione strategica e di opportunità economica, relativa alla corretta esecuzione delle opere stesse: se fosse possibile installare i ponteggi in un punto strategicamente migliore, con un aggravio di spesa minore o dall’impatto non troppo incisivo, allora il rifiuto potrebbe essere ammesso.

In ogni caso, va sottolineato che il proprietario del fondo privato ove verrà consentito l’accesso alla ditta appaltatrice, non ha diritto ad alcun tipo d’indennità per la mera occupazione del fondo.
Anche se lo stesso è di proprietà comune, a maggior ragione se è del condominio che deve affrontare la ristrutturazione.

L’indennizzo è riconosciuto, invece, quando la ditta appaltatrice cagiona un danno imprevedibile e dovuto a negligenze e/o errori di esecuzione dei lavori.
In materia si ricorda l’
art. 843 del Codice Civile, il quale dispone che: “Il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune. Se l’accesso cagiona danno, è dovuta un’adeguata indennità”.

In tal caso, oltre che verso la ditta appaltatrice materialmente esecutrice del danno, la richiesta risarcitoria potrà essere inoltrata anche al condominio-committente, per culpa in vigilando ai sensi dell’art. 2049 c.c..
Il danno dovrà essere sempre ampiamente documentato. Si consiglia al condomino di avere lo zelo di scattare foto e video che testimonino lo stato delle cose prima dell'accesso della ditta appaltatrice, affinché la documentazione sia ancora più completa.

Altra casistica in cui si configura ''un danno'' è quella della variazione dell’assetto dei limiti alla proprietà.
Difatti, il ponteggio non può sostanziarsi in un indiscriminato e permanente permesso di accesso. Trattasi di c.d. atto lecito dannoso, che trova fonte nell’art. 1173 del Codice.
In fattispecie simili, in caso ciò fosse documentabile, è possibile richiedere anche un risarcimento per eventuali pregiudizi economici derivanti dalla presenza prolungata del ponteggio.

Qualora il danno sia già preventivato, inevitabile e conoscibile, ovviamente il suo cagionamento non potrà essere imputato a negligenze della ditta appaltatrice.
Tale fattispecie può interessare parti murarie o comunque fisse e non rimovibili, oltre che i giardini.
Pertanto, sarà esclusivamente il condominio a farsi carico delle spese di ripristino allo stato antecedente della parte privata messa a disposizione dal condomino per il montaggio dei ponteggi.
Eventuali beni danneggiati dovranno essere risarciti in base al loro valore attuale, ovvero in base al valore al momento del danneggiamento.

Sarebbe opportuno che, in fase di progettazione degli interventi, l'amministratore si raccordi con la ditta appaltatrice, che darà ampia spiegazione degli interventi necessari e degli eventuali danni collegati, cosicché l'amministrazione possa opportunamente notiziare il singolo condomino. 
A tal punto, il privato potrà reperire tutta la documentazione necessaria a periziare preventivamente l'entità del danno futuro, magari richiedendo supporto anche all'amministrazione condominiale. 

In questo modo l'amministratore potrà procedere a inserire all'interno del preventivo la spesa relativa al ripristino (come fosse parte del costo totale dei lavori), inserendo nell'avviso di convocazione apposito punto di discussione all'ordine del giorno e allegando all'avviso tutta la documentazione relativa.
L'assemblea, quindi, potrà verbalizzare le decisioni prese in merito, potenzialmente approvando contestualmente i lavori, le relativi spese e il riconoscimento dell'indennizzo al condomino che subirà il danno, da ripartirsi pro quota millesimale fra tutti i partecipanti escluso il danneggiato.
Tale modus operandi aiuterà a promuovere una risoluzione bonaria, magari portando a un accordo che eviti ulteriori richieste da parte del privato per eventuali scoperti.

Se il condominio risultasse inerte e nessun risarcimento fosse preventivato, si consiglia al singolo condomino d'inoltrare una PEC o una raccomandata all'amministratore, richiedendo la convocazione di un'assemblea atta proprio a concordare il riconoscimento di un'indennità per il ripristino dei luoghi, minacciando, altrimenti, future azioni legali.
In tale fase si consiglia di documentare con foto e video lo stato delle cose antecedente ai lavori e di recuperare tutta la documentazione atta una valutazione attuale del bene che subirà il danneggiamento.
Di fatti, in caso di mancanza di accordi specifici e di rifiuti da parte dell'amministratore, sarà cura del singolo rivolgersi a un legale per promuovere formale richiesta di risarcimento danno al condominio, una volta che il danneggiamento verrà cagionato.

E se per permettere il montaggio dei ponteggi dovessi smontare una tenda, una pensilina o una veranda?

In caso di rimozione di strutture non fisse e rimovibili, lo smontaggio e il rimontaggio sarebbero esclusivamente a carico del privato, in quanto il bene interessato risulta di proprietà esclusiva e si tratterebbe di operazioni propedeutiche all'esecuzione dell'opera sulle parti comuni e, quindi, non di danno cagionato
La ratio è la seguente: è interesse del singolo compiere le operazioni necessarie affinché un lavoro sulle parti comuni, di cui egli è comproprietario pro quota millesimale, venga eseguito.
Stesso dicasi per lo sgombero di mobilio.

Tuttalpiù, il condomino può richiedere che sia la ditta appaltatrice ad occuparsi dello smontaggio e rimontaggio, con relativo costo che verrà addebitato dall'amministrazione in maniera esclusiva all'interessato all'interno del piano di ripartizione.

Attenzione, non va omesso il principio del beneficio: se le strutture fisse dovessero essere rimosse per permettere dei lavori su una parte privata (ad esempio un balcone in aggetto), allora il beneficio del condòmino possessore di tale strutture sarebbe solo indiretto, relativo a motivi di sicurezza. 
A differenza di quanto enunciato prima, il privato dovrebbe garantire lo sgombero per lavori su beni privati di cui beneficerà soltanto indirettamente, con diretto beneficio, invece, per i proprietari dei balconi privati sovrastanti
In tale fattispecie è giusto ripartire la spesa fra tutti i condòmini interessati dall'intervento edile, compreso il proprietario delle strutture smontate, il tutto pro quota millesimale.

Per quanto concerne il suolo pubblico, la sua semplice occupazione andrà sempre pagata, anche in caso di aree private sottoposte a servitù di pubblico passaggio.
Così come permangono gli obblighi risarcitori in caso di danno o di pregiudizio economico generato.