Il costruttore è responsabile in caso d'infiltrazioni?
Il legislatore appresta un sistema di garanzie (artt. 1667-1669 Codice Civile) a favore di chi acquista immobili di nuova costruzione per tutelare dalla presenza di vizi.
L'art. 1667
c.c., rubricato
"Difformità e vizi dell'opera"
afferma che "l'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi
dell'opera".
Tale normativa in tema di appalto si applicano anche in materia di nuove costruzioni.
Stesso dicasi anche per i termini per la responsabilità dell'appaltatore (nel caso specifico costruttore) verso il destinatario finale dell’opera per vizi e/o difformità.
Per difformità si intende ogni discordanza
tra l'opera realizzata e le previsioni contrattuali, mentre per vizio si
intendono le carenze che l'opera presenta rispetto alle regole dell'arte.
La
giurisprudenza ritiene che la responsabilità del costruttore, inerente alla
garanzia per vizi e difformità dell'opera eseguita, possa configurarsi solo
quando lo stesso, nell'intervenuto completamento dei lavori, "consegni alla controparte un'opera
realizzata non a regola d'arte", mentre nel caso di non integrale
esecuzione dei lavori o di ritardo o rifiuto della consegna, "a carico del costruttore può operare unicamente
la comune responsabilità per inadempimento contrattuale".
La garanzia riconosciuta in caso di vizi palesi od occulti, consiste nella possibilità di chiedere l'eliminazione delle difformità o dei vizi a spese dell'appaltatore, oppure, in alternativa, una diminuzione proporzionale dl prezzo.
L’art 1669 c.c., anch’esso
applicabile per analogia in caso di nuove costruzioni, stabilisce che “quando si tratta di edifici o di altre cose
immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni
dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione,
rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi
difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi
aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il
diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
Ad esempio,
quindi, in caso d’infiltrazioni dovute
a cattiva coibentazione - così come nella fattispecie di qualsiasi altro danno per cui
si accerti la responsabilità del costruttore
- può essere richiesto il dovuto
risarcimento a carico del
costruttore da parte dell’acquirente, dal quale tale
soggetto potrà sottrarsi solo se riuscirà a controdimostrare una responsabilità
in capo al Direttore dei Lavori.
La Corte di Cassazione ha stabilito, con la pronuncia n. 14650/2013, che “costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte – che i
gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art.
1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla
staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione
incidente sulla struttura e sulla funzionalità dell'edificio, menomandone il
godimento in misura apprezzabile.
La suprema Corte evidenzia che “l'incidenza negativa dei difetti costruttivi
inclusi nell'art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in una qualsiasi
alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che,
pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone
la "rovina" od il "pericolo di rovina"), bensì quegli
elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è
destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i
rivestimenti, l'impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida
negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo
(così, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di difettosa
impermeabilizzazione del manto di copertura dell'edificio con relativi problemi
di infiltrazione)”.
L'interpretazione
della norma, per la Cassazione, “si è
spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d'acqua determinate
da carenze d'impermeabilizzazione (Cass. nn. 11740/03, 117/00 e 2260/98) e da inidonea realizzazione degli infissi (Cass. nn. 8140/04 e 1164/95), difetti che, senza richiedere opere
di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi
di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell'art. 31 della legge
5 agosto 1978 n. 457 e cioè con "opere di
riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici"
o con "opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli
impianti tecnologici esistenti" (così, Cass. n. 1164/95)”.
I difetti di
costruzione non si esauriscono in quanto esemplificante previsto dalla norma,
ossia fenomeni che influiscono sulla staticità, la durata e la conservazione
dell'edificio, ma possono consistere in
una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione
dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la
"rovina" o il "pericolo di rovina"), bensì quegli
elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è
destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo.
Quindi, anche
un difetto di costruzione che incida su
elementi accessori o secondari può rientrare nella previsione della norma
citata, purché determini un apprezzabile diminuzione del valore del bene, una
menomazione di esso, o incida sul godimento in modo considerevole o addirittura
ne impedisca l'impiego.
Elementi accessori o secondari sono, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l'impianto di
riscaldamento, la canna fumaria, nonché molti altri casi specifici
enumerati dalla fiorente casistica giurisprudenziale.