Quando non è possibile revisionare le tabelle millesimali ai sensi dell'art. 69 d.a.c.c.?

 


Per poter revisionare una tabella millesimale di qualunque natura, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., sarà necessaria una delibera assembleare assunta all’unanimità, in particolare per rettifiche per motivi soggettivi, o modifiche senza particolari motivazioni.
Qualora, però, dovessero verificarsi i casi prescritti sempre dall’art. 69 disp. att. c.c., ovvero errori oggettivi tecnici o di calcolo nella redazione delle tabelle, oppure mutazioni dell’edificio che concorrano ad alterare (in aumento o in diminuzione) per più di 1/5 il valore millesimale anche di una sola unità immobiliare dell’edificio, financo nell’interesse di un singolo condomino sarà possibile revisionare le tabelle - ossia rettificarle in caso di errori oggettivi, oppure modificarle in caso di mutazioni dell’edificio - con una delibera assembleare assunta a maggioranza con il quorum di cui all’art. 1136 II comma.

Attenzione però, con la Sentenza di Cass. civ., Sez. II, 19 ottobre 2023, n. 29074 la Suprema Corte ha evidenziato un caso particolare secondo cui è impossibile revisionare a maggioranza una tabella millesimale contrattuale.

Secondo la Cassazione le tabelle contrattuali si suddividono in:
1) le tabelle convenzionali c.d. “pure”, caratterizzate dall’accordo con il quale “i condòmini, nell’esercizio della loro autonomia, dichiarano espressamente di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto dall’art. 1118 c.c. e art. 68 disp. att. c.c., dando vita alla diversa convenzione di cui all’art. 1123 c.c., comma 1”.
Per tali tabelle non è possibile richiedere la revisione, poiché “la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c.”;
2) le tabelle convenzionali c.d. “dichiarative”, che si differenziano dalle prime perché, “tramite l’approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini), i condòmini stessi intendono non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima)”.
In detta ipotesi, “la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l’errore, il quale, in forza dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l’errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 c.c. e segg., ma consiste, per l’appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito”;
3) le tabelle c.d. “assembleari”, cioè adottate dall’organo collegiale del condominio con la maggioranza qualificata all’uopo richiesta, le quali risultano “pacificamente soggette al procedimento di revisione di cui al più volte menzionato art. 69”.

Un accordo specifico tra i partecipanti al condominio che integri una “diversa convenzione” prevista dall’art. 1123 non può pertanto essere oggetto di revisione ai sensi dell’art. 69 d.a.c.c., a condizione che emerga una inequivoca dichiarazione da parte dei condomini di accettazione che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto dalle regole generali.

In tal caso, precisa la Corte, sarà quindi possibile esperire esclusivamente l’ordinaria azione di annullamento per errore ai sensi dell’art. 1428 cod. civ.

In estrema sintesi, è corretto modificare a maggioranza una tabella millesimale redatta dal costruttore e approvata dagli acquirenti in fase di rogito.
Invece, se la tabella contrattuale è derivata dagli accordi negoziali intrapresi dai condòmini in una vera e propria assemblea, con deroga al Codice Civile, non sarà possibile far valere l’
art. 69 d.a.c.c.