Liberatoria spese condominiali: è obbligatoria per il rogito?
Ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. IV comma, il condomino avente causa (acquirente) è solidalmente responsabile con il dante causa (cedente) per gli oneri condominiali maturati nell’anno in corso e in quello precedente.
Per “anno in corso e quello precedente”, s’intendono l’esercizio
corrente (fino alla data del rogito) e quello antecedente alla stipulazione
del rogito.
Va detto che, tale prescrizione, è relativa soltanto alle spese ordinarie, essendo
obbligato al pagamento di quelle straordinarie (es. rifacimento facciata) esclusivamente il soggetto che era
condomino quando è sorta in assemblea la necessità di disporre la spesa
(ossia quando l’assemblea ha deciso di
sostenere l’uscita, anche non avendo ancora ratificato formalmente l’importo
della spesa), salvo diversa
convenzione stipulata dalle parti durante il rogito, così come
prescritto dalla sent. Cass. n. 15547 del 22/6/2017.
Tale direttiva è molto importante, al punto che, se il venditore dovesse
sottacere all’acquirente l’interesse dei condòmini ad eseguire, nel brevissimo
termine, dei lavori di manutenzione straordinaria, anche se nel momento in cui
l’assemblea approverà le spese sarà partecipante al condominio l’avente causa, il vecchio condòmino potrebbe essere condannato al risarcimento di quanto
anticipato dall’acquirente, causa comportamento sleale.
Ovviamente, per le spese ordinarie sorte due o più anni prima del rogito, e ancora non pagate, resterà responsabile il solo condòmino dante causa.
In concreto, come si dovrà comportare un amministratore di condominio in caso di compravendita di un’unità immobiliare?
Essendo il consuntivo delle spese redatto per competenza, proprio col fine
di attribuire le stesse ai reali fruitori, nonché potendo dimostrare con i
documenti giustificativi le date in cui le spese sono sorte, l’amministratore
dovrà richiedere al dante causa di pagare tutte le spese straordinarie e
le spese ordinarie sorte nell’esercizio
in corso fino alla data del rogito, oltre a quelle relative all’esercizio
precedente e a quelli passati.
Se il cedente non dovesse provvedere al pagamento, l’amministratore, per le sole
spese ordinarie relative all’esercizio in corso e a quello precedente, potrà rivalersi
sul nuovo condòmino avente causa, che a sua volta potrà chiedere il rimborso al
dante causa di quanto anticipato.
Proprio da questo
scenario, nasce il concetto di ‘’liberatoria’’
condominiale.
L'art. 1130 c.c. imprime l'obbligo all'amministratore di rilasciare l'attestazione dello stato dei crediti e dei debiti
del condòmino, nonché
di eventuali liti e pendenze.
Quindi, relativamente al concetto di liberatoria, con obbligo s’intende
proprio la mancata possibilità di rifiutarsi di rilasciare il documento da
parte dell’amministratore condominiale, pena la possibilità d’incorrere in revoca giudiziaria.
E, non a
caso, abbiamo parlato di "attestazione".
L'amministratore non è un soggetto in grado di rilasciare una liberatoria -
ossia una manleva - nel strettamente giuridico del termine.
Il suddetto documento non libera da
pagamenti passati e futuri riferiti al periodo in cui il venditore era ancora
proprietario dell’immobile.
Del resto, nel momento in cui rilascia il suddetto documento, l’amministratore non conosce ancora il
bilancio consuntivo dell’anno in questione, dunque, tecnicamente è
impossibilitato a liberare l’attuale condomino da ogni onere.
Può, infatti, accadere che, al momento del passaggio di proprietà,
il venditore non risulti debitore nei confronti del condominio, ma che, in
seguito, debba ancora pagare qualcosa.
Pertanto la liberatoria viene emessa ‘’salvo conguaglio’’, in quanto solo a
fine anno l’amministratore di condominio potrà verificare se effettivamente ci
sono delle eccedenze da restituire o delle somme da riscuotere. In
poche parole, il valore della liberatoria condominiale è limitato solo alle somme
a cui essa si riferisce e non ad ulteriori crediti che, dopo aver redatto il
bilancio, potrebbero venir fuori.
In caso di conguaglio a credito per il
condominio nei confronti del vecchio partecipante, delle nuove somme potrebbero
essere pretese nonostante il rilascio della liberatoria, con diritto da parte della compagine
di agire nei confronti del moroso per la ripetizione delle somme (sent. n. 7260/2024).
Tornando al
concetto di obbligatorietà, tale documento, invece, non è
imprescindibile per effettuare l'atto, per quanto costituisca un’importante garanzia per
chi subentra nella proprietà dell’appartamento.
È consigliabile, per chi acquista, far
richiedere al venditore all’amministratore la certificazione dello stato di
pagamento degli oneri, al fine di allegarla al rogito e farvi trascrivere che,
per gli oneri condominiali maturati prima dell’atto notarile e per i debiti
certificati dall’amministrazione, chi cede è obbligato al pagamento.
In questo modo, il neo condòmino potrà
impugnare l'atto nei confronti del venditore, andando a
richiedere il risarcimento di quanto eventualmente anticipato al condominio in
funzione della solidarietà sancita dalla Legge.
Di fatti, l'opposizione a qualsiasi richiesta di pagamento proveniente dal
condominio per quote per le quali è prevista responsabilità solidale è impossibile per il compratore, nonostante gli accordi privati
intercorsi con il cedente.
A partire dalla data di stipulazione del rogito interviene un ulteriore articolo di Legge, ossia l'art. 63 disp. att. c.c. V comma, che indica che il dante causa resterà
solidalmente responsabile con l’avente causa per gli oneri condominiali, sempre
relativi a spese ordinarie, maturati fino alla trasmissione all’amministratore
della documentazione autenticata che certifichi la cessazione dei diritti del
cedente sull’immobile e il trasferimento degli stessi in capo al nuovo
proprietario (copia dell’atto notarile, alias rogito).
A seguito del rogito, facendo sempre
riferimento alle date dei giustificativi, per le spese ordinarie che
sorgeranno fino alla trasmissione della copia dell’atto notarile da parte del
dante causa, l’amministratore dovrà rivalersi nei confronti del nuovo condomino,
potendo, altrimenti, rivolgersi al cedente in caso di mancato pagamento, fatto
salvo il diritto di quest’ultimo di ottenere un rimborso dall’avente causa.
Una volta trasmessa copia del rogito, tutti gli oneri condominiali saranno a carico del nuovo proprietario.
È necessaria
una nota a margine: a seguito della vendita dell’immobile, il dante causa diventa
automaticamente un soggetto estraneo al condominio.
Qualora fosse
l’avente causa a non pagare le spese ordinarie sorte dopo la stipulazione del
rogito, ma prima della trasmissione all’amministratore della documentazione che
attesti la cessione dei diritti di proprietà da parte del dante causa, la faccenda
sarebbe di facile risoluzione: prima
di aggredire il vecchio proprietario in forza della responsabilità solidale,
l’amministratore proverà a ripetere le somme tramite decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo in danno all’attuale
condòmino, così come prescritto dal Codice Civile.
Fattispecie
più problematica è quando il dante causa vende lasciando dei debiti pregressi e
l’avente causa si rifiuti di anticipare delle somme di denaro. In tal caso, l’amministratore può sì
agire, quale atto conservativo, nei confronti dell’ex condomino per ripetere le
somme, ma non potrà farlo con decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.
Così come, in caso d’inerzia, non potrà usare tale strumento nemmeno nei confronti
nell’avente causa in forza della responsabilità solidale, in quanto estraneo all’epoca
in cui è stata sostenuta la spesa.
Per questo, qualora l’amministratore venga a sapere della possibile cessione di
un’immobile, è buona norma che egli si attivi in fretta per ripetere i debiti
del futuro ex condomino.
Ai sensi
della Sentenza
di Cassazione n. 11981 del 5 novembre 1992 avviene la prescrizione del credito nei confronti
di ciascun condòmino, a decorrere dalla data di assunzione della delibera che
approva il piano di ripartizione delle spese allegato a consuntivi e preventivi.
Proprio per
questo, nonostante la Sentenza di Cassazione n. 4489 del 25 febbraio 2014 individui in 5 anni il termine di prescrizione per le spese ordinarie e in 10 anni
quello per le spese straordinarie, essendo l’amministratore, di anno in
anno, obbligato a convocare l’assemblea per l’approvazione del rendiconto e dei
relativi piani di riparto e contenendo quest’ultimi le situazioni contabili dei
singoli condomini, nelle quali vengono calcolati anche i debiti pregressi, il
termine di prescrizione delle quote condominiali si rinnoverà annualmente con
l’approvazione dei rendiconti, con la conseguenza che i saldi dovuti dai
condomini, incluse le vecchie morosità, si cristallizzeranno nel tempo, diventando
esigibili senza scadenze.