Condomini chiassosi e rumori in condominio: come si può agire?

Come già accennato, l’art. 1130 del Codice Civile riconosce, tra i doveri dell’amministratore condominiale, anche quello di compiere gli atti conservativi, per i quali tale figura può agire d’ufficio, senza necessità del consenso assembleare.

Tra i c.d. ‘’atti conservativi’’ non rientrano soltanto quelli relativi alla manutenzione fisica delle parti comuni. Di fatti, fanno parte di tale categoria anche tutte le azioni messe in atto dall’amministratore condominiale, in qualità di rappresentante legale del condominio ex. art. 1131 c.c., volte a tutelare la prti comuni e la collettività condominiale dalle ‘’immissioni’’, qualora quest’ultime superino la normale tollerabilità.

A disciplinare le immissioni interviene l’art. 844 c.c., che recita: ‘’il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi’’.

Per le esalazioni la disciplina appare chiara, conferendo all’amministratore il potere di agire in danno nei confronti del responsabile quando tali sgradevoli odori infestano anche le aree comuni.
Stesso dicasi per gli sconfinamenti nel fondo del vicino, che possono verificarsi con l’occupazione indebita di aree comuni, lo sversamento di rifiuti e/o altri materiali e, addirittura, l’occupazione illegittima di locali condominiali.
Tutti casi per cui l’amministratore di condominio ha coordinate ben precise da seguire e in cui pochi dubbi sorgono sulle sue responsabilità.

Per quanto concerne i rumori, che possono provenire da attività e/o soggetti anche esterni al condominio (nonché da animali, quali, ad esempio, i cani) la situazione si presenta molto più spinosa.
Il condominio (e l’amministratore), sulla scorta dell’
art. 844 e del Regolamento di Polizia Comunale, possono muoversi seguendo due vie distinte, che dipendono da determinate circostanze. Queste sono:

1.   1) Il condominio - in persona dell’amministratore - si può costituire parte lesa e agire direttamente come ente di gestione nei confronti dei disturbatori.
Per fare ciò, l’assemblea, con 500 millesimi, dovrà assumere specifica delibera con cui approva di promuovere una lite attiva in danno ai soggetti responsabili.
Se il fastidio è provocato da un soggetto interno al condominio, l’assemblea, con medesima maggioranza, può anche impugnare le norme contenute nel regolamento di condominio, elevando una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del regolamento stesso, così come indicato dall’
art. 70 disp. att. c.c.;

Preme un piccolo approfondimente sui poteri del regolamento condominiale: di rado un regolamento contrattuale potrebbe prevedere particolari divieti specifici per i condomini e particolari poteri per l’amministratore.
Spesso, invece, all’interno dei regolamenti vi è soltanto una norma regolamentare prevedente delle fasce orarie destinate alla quiete e al silenzio.
Invero, il regolamento potrebbe indicare, per esclusione, delle fasce orarie in cui è tollerata la produzione di rumore. Tali fasce, solitamente, vanno dalle 8 del mattino fino alle 13 e dalle 16 alle 21.
 
Chiamato a curare l’osservanza del regolamento, l’amministratore può limitarsi a diffidare i trasgressori e a promuoverne il sanzionamento pecuniario tramite delibera assembleare.

2.     2) Azione dei singoli condòmini in danno del responsabile: in questo caso, un gruppo di singoli condòmini, non rappresentanti la totalità del condominio, può promuovere una class action e propugnare azione privata, volta a proteggere i propri interessi individuali.
Questo può avvenire soltanto se il gruppo è considerevolmente numeroso (l’azione del singolo sarebbe inutile), al fine di sottolineare la lesione del diritto alla tranquillità e al riposo.
Appare evidente come tale azione non coinvolga direttamente il condominio.

In base a quali criteri si possono verificare le due fattispecie?

La risposta, in realtà, è molto semplice: se il disturbo riguarda il benessere collettivo del condominio e raggiunge tutta la comunità condominiale, o ledendone la sfera privata, oppure interessando aree comuni, allora è l’assemblea che deve agire.
Magari, in virtù dell’art. 1130 c.c., sarebbe ancora più corretto che, intanto, l’amministratore agisse d’ufficio, quantomeno con un richiamo scritto nei confronti del responsabile fino ad una diffida legale, prima di procedere a convocare assemblea, per ottenere mandato necessario ad intraprendere un’azione legale vera e propria.

Per poter parlare di benessere collettivo il rumore deve disturbare in orario di riposo la comunità intera - comprese le unità abitative più distanti dalla fonte del rumore - deve essere elevato e frequente tanto da superare la normale soglia di tollerabilità.
Ancora meglio sarebbe se tale rumore interessasse aree comuni.
Rafforza l’esistenza di un problema collettivo la richiesta all’amministratore, da parte di più condòmini, di convocare un’assemblea per affrontare il problema.

In mancanza dei requisiti sopracitati, ovvero quando il disturbo non coinvolge parti comuni e solo pochi individui, la questione appare come una bega di competenza esclusivamente privata.
Al massimo, l’amministratore condominiale può promuovere un richiamo scritto per il quieto vivere e può offrirsi di dare supporto ai danneggiati, consigliando i passi necessari e, magari, il consulente legale a cui rivolgersi.

A nostro avviso, in situazioni simili, è bene che un buon amministratore si sinceri della situazione, per capire se ci sono i requisiti di un'azione comune e se sono interessate parti condominiali, oppure se si tratta di una questione privata.
In ogni caso, sarebbe auspicabile che lo stesso agisca dapprima bonariamente, richiamando all'ordine in forma scritta, magari facendo leva su qualche norma del regolamento condominiale (se presente).

Dopodiché, qualora il problema persista e fosse di pertinenza condominiale, sarebbe il caso di procedere d'ufficio a una diffida. In caso di mancata risoluzione e continuazione delle lamentele generali, l'unico passo possibile è la convocazione dell'assemblea per ricevere mandato ad agire legalmente.