La prorogatio imperii

La prorogatio imperii è l'istituto che consente all'amministratore, formalmente cessato dall'incarico, di continuare a gestire il condominio in attesa di un successore che prenda il suo posto.
La prorogatio sta ad indicare proprio la continuità del mandato dell'organo dimissionario, revocato o in scadenza, fino a che non ne venga nominato uno nuovo.
La ragione della prorogatio è piuttosto semplice: evitare che un condominio si trovi improvvisamente sprovvisto di amministratore, in modo da scongiurare una possibile e pericolosa stasi della gestione.
La prorogatio imperii trova applicazione ogni volta che l'amministratore non sia più in carica, qualunque possa esserne la ragione.
Ciò significa che la prorogatio si applica tanto nelle ipotesi di dimissioni quanto in quelle di revoca dell'incarico da parte dell'assemblea, scadenza del mandato senza aver provveduto al rinnovo annuale, sopravvenuta perdita dei requisiti di onorabilità/professionalità, annullamento o nullità della nomina.
Insomma: ogni volta che l'amministratore non può più formalmente ricoprire tale incarico, per scelta propria o di altri, scatta in automatico la prorogatio.
L'unico caso in cui la prorogatio imperii non opera è quella in cui l'amministratore sia deceduto.
I poteri dell'amministratore uscente, dunque, si estendono per un periodo di tempo indeterminato fino al momento della effettiva sostituzione.
L'amministratore in prorogatio è tenuto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza peraltro diritto ad ulteriori compensi.
Tra le attività indifferibili che rientrano in quelle ''urgenti'' sicuramente rientrano non sono gli atti straordinari, ma anche quelli di ordinaria amministrazione, come ad esempio la riscossione delle quote per il pagamento delle bollette.
Egli può compiere anche le attività a difesa della compagine, come ad esempio il recupero di un credito condominiale prossimo alla prescrizione.
Per contro, se i poteri concessi all'amministratore in prorogatio possono sembrare vasti e quasi identici a quello di un collega in piena carica, va segnalato che, per quanto concerne interventi di manutenzione straordinaria non urgenti, appare alquanto improbabile, per l'assemblea, autorizzare l'amministratore in regime di prorogatio a compiere tali attività. E questo, inevitabilmente, pone un freno riguardo un esercizio dei portieri incondizionato, che, invece, si avrebbe con un professionista in piena carica.
Altra cosa che lo differisce da un collega con pieni poteri è la mancanza del diritto a percepire compenso.
La sent. Cass. 17 maggio 2018 n. 12120 chiarisce che, una volta cessato l'incarico, l'amministratore non può chiedere di essere pagato: non può cioè rivendicare alcun compenso per le opere prestate durante il "periodo transitorio" che va dalla scadenza del suo mandato alla sua materiale sostituzione.
Inoltre, tale particolarità si evince anche dal Codice Civile, nell'art. 1129 VIII comma.
Infine, la prorogatio dei poteri (e dei diritti) in carico all'amministratore uscente dopo la cessazione della carica è esclusa da una chiara contraria volontà espressa dei condòmini» (Cassazione 12120/2018).
Ciò significa che l'istituto giuridico in questione non trova applicazione anche in caso di contrarietà da parte dell'assemblea dei condòmini al mantenimento dei poteri di gestione in capo al professionista uscente.