Il convenuto va convocato in assemblea?

 

Quando vi è un contenzioso giudiziario tra un condòmino da una parte e il condominio dall’altra si verifica una scissione della compagine condominiale in due gruppi di partecipanti, portatori di contrapposti interessi.

Tale situazione non può non avere riflessi sulle regole che disciplinano lo svolgimento dell'assemblea e sulle relative maggioranze, in modo sostanzialmente analogo alle regole che trovano applicazione nel condominio parziale, fattispecie in cui al mutamento della stessa compagine dei partecipanti al condominio segue la modifica della stessa composizione dell'assemblea e delle maggioranze.

Conseguentemente, in caso di deliberazione assembleare, volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condòmino, non sussiste il diritto di quest'ultimo, che è portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale, a partecipare all'assemblea, né, quindi, la legittimazione dello stesso a domandare l'annullamento della delibera per omessa, tardiva o incompleta convocazione.
I millesimi del soggetto in contrapposizione non devono essere conteggiati al fine del raggiungimento del quorum.

Diverso è il caso del condòmino in conflitto di interessi che ha carattere sempre potenziale e rileva in quanto produca effettivamente uno sviamento dell'interesse collettivo, sottoponendolo a quello individuale, situazione che, potendo manifestarsi soltanto in sede di assemblea al momento del voto, comporta che il partecipante che versa in conflitto sia computato ai fini sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo, salva la sola facoltà di astensione.