Distaccamento dall’impianto di riscaldamento centralizzato e da quello idrico
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DISTACCAMENTO DALL’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO
L’art. 1118 IV
comma del Codice
Civile riconosce al singolo condomino il diritto di potersi distaccare
dall’impianto di riscaldamento o condizionamento dell’aria centralizzato, purché
venga appurato da un tecnico che il distaccamento non provochi notevoli
squilibri di funzionamento dell’impianto o aggravi di spesa per gli altri
condomini.
Il distaccato, in quanto resterà in ogni caso comproprietario dell’impianto, sarà comunque chiamato a contribuire alle spese relative ai consumi
involontari, oltre che di conservazione, messa a norma e manutenzione
straordinaria dell’impianto, mantenendo il diritto di potersi riallacciare in qualsiasi momento, diritto che si estende anche ai suo eredi o
aventi causa (sentenza del Tribunale di Savona n. 502 del 3
maggio 2018).
Essendo il
distacco di per sé un atto contrario al risparmio energetico, eventuali nuovi
distacchi successivi al primo restano decisamente
residuali, in quanto suscettibili di squilibrio di funzionamento
dell’impianto.
La sent. Cass. n.
11970 del 12 maggio 2017 prescrive, nonostante l’articolo di riferimento non sia elencato tra
quelli inderogabili, la nullità di norme contrattuali di regolamenti approvati
all’unanimità che impediscono o limitano il diritto al distacco del singolo
condomino in applicazione dell’art. 1118 IV comma.
Infine, con
la sentenza di Cass. civ., Sez. II, 8 settembre 2023, n. 26185, gli Ermellini hanno stabilito che il
condòmino che si distacca dall’impianto centralizzato di riscaldamento deve
munirsi di un impianto termico autonomo.
In caso contrario il distacco è
illegittimo, considerato che colui che si è distaccato continua ad
usufruire del calore prodotto dalle tubazioni dell’intero impianto, aggravando,
in tal modo, di maggiori costi gli altri condòmini.
Da un punto
di vista operativo, il distaccamento passa per prima cosa dalla comunicazione all’amministratore di
condominio, in maniera formale, della
volontà da parte dell’interessato di volersi distaccare. Non serve consenso assembleare
- dato che il Codice Civile riconosce il diritto - ma, in fase di comunicazione è essenziale che l’amministratore possa
verificare che, come prescritto dalla Legge, tale distaccamento non crei danni
o squilibri.
Pertanto, sarà d’aiuto una relazione tecnica redatta da un ingenere termotecnico
che vada ad asseverare che il distaccamento:
·
non causerà squilibri termici all’impianto;
·
non
causerà danni o effetti
pregiudizievoli come problemi di
circolazione dell'acqua, scompensi di pressione, ecc..
Il condomino distaccato può installare un impianto autonomo, nel rispetto
delle norme di sicurezza e delle regole edilizie/comunali. Inoltre, dovrà
evitare di creare pregiudizi estetici
alla facciata del palazzo, ad esempio installando caldaie che possano ledere il
decoro.
DISTACCAMENTO DALL’IMPIANTO IDRICO CENTRALIZZATO
In caso di
distaccamento di un condomino dall’impianto idrico centralizzato NON SI APPLICA PER ANALOGIA l’art. 1118 IV comma.
Da un punto di vista operativo, il distacco
dall’impianto idrico centralizzato è molto diverso da quello del
riscaldamento centralizzato, ed è molto più difficile
o generalmente non consentito,
salvo casi specifici.
L’impianto idrico è parte essenziale delle parti comuni (art. 1117 c.c.) e
spesso la sua gestione unitaria è necessaria per garantire pressione, qualità
dell’acqua, manutenzione e approvvigionamento stabile.
Distaccarsi significherebbe creare un impianto autonomo, con collegamento
diretto all'acquedotto pubblico (es.
ACEA, A2A, Hera, ecc.), il che richiede autorizzazioni e verifica
della fattibilità tecnica.
I Comuni o i gestori del servizio idrico potrebbero non autorizzare un nuovo
allaccio singolo se esiste già un impianto condominiale.
Inoltre, il distacco del singolo deve essere autorizzato dall’assemblea con 500 millesimi, perché comporta modifiche alle
parti comuni, spesso opere murarie e talvolta una
ristrutturazione dell’intero impianto (es. chiusura di tubazioni che
attraversano parti comuni).
L’opzione migliore si presenterebbe nel caso
in cui tutti i partecipanti al condominio decidano unanimemente di
dismettere l’impianto idrico centralizzato.
Per potervi procedere, occorre una delibera assunta con 1000 millesimi,
in cui si decide di dismettere l’impianto centralizzato in favore del passaggio
ad allacci autonomi, nominando un tecnico
che venga incaricato di redigere un progetto
prevedente le modalità di dismissioni dell’impianto già esistente (va rimosso
o isolato?), nonché le modalità di
allacciamento per ogni singola unità e le opere murarie necessarie sia su parti
comuni che private (perforazioni, ripristini).
Dopo la redazione, lo stesso andrà approvato affinché possa essere definitivo e somministrabile ad ACEA. Probabilmente, il progetto
prevedrà, oltre a rilievi ed interventi
sugli appartamenti privati, anche opere su parti comuni (cavedii,
solai, facciate) per far passare i nuovi impianti. Tali opere andranno approvate e autorizzate, così come
dovranno essere approvate anche le spese
relative (almeno con 500 millesimi, trattandosi di
manutenzione straordinaria). Una volta approvato il progetto si potrà
autorizzare la redazione di un capitolato
dei lavori.
Con il capitolato approvato, avverà la ricerca e la presentazione dei preventivi
delle ditte che si candideranno per l’esecuzione dei lavori (che il condominio potrebbe scegliere di far
svolgere anche da ACEA stessa).
Ergo, in una terza assemblea verrà scelta la ditta incaricata e verranno
approvate tutte le spese relative ai lavori, comprese quelle accessorie
afferenti alla nomina di figure per la sicurezza / direzione lavori.
Solo a tal punto, ogni singolo
condòmino potrà:
- richiedere un nuovo contatore idrico autonomo;
- stipulare un contratto diretto con ACEA;
e i lavori potranno cominciare
ufficialmente così come da contratto
d’appalto, che l’amministratore poterà in approvazione in una quarta
assemblea affinché riceva l’ok per la firma.
Al termine dei lavori avverrà il collaudo
dei nuovi impianti.